Preceduta dalle date di Roma e Milano, sabato 9 gennaio si è tenuta a Padova l’ultima tappa italiana del tour celebrativo di “Mezzanine”. Sul palco ovviamente ci sono Robert "3D" Del Naja e Grant "Daddy G" Marshall, ovvero i Massive Attack. Impossibile parlare del concerto senza partire dalla scaletta: un perfetto reshuffle della tracklist originale; nei suoi appena novanta minuti di musica, assistiamo a un’esibizione che va subito al punto, senza pause e interazione con il pubblico, caratterizzata da un sound fedelissimo all’originale e cristallizzato in quel 1998.
Una dichiarazione di intenti: i Massive Attack sono il sound di Bristol e Mezzanine ne è il punto più alto. Assolutamente nulla viene concesso a chi, negli anni successivi, ha raccolto e reinterpretato l’eredità di questo disco (come le divagazioni urban-dadaiste di Burial, i suoni acidi di King Krule o la ruvidità del grime). Sul palco anche gli ospiti che già accompagnavano la band venti anni fa, Horace Andy ed Elizabeth Fraser. Quest’ultima regala una fortissima emozione al pubblico quando in “Teardrop”, quella voce riprodotta centinaia (migliaia?!) di volte diventa finalmente reale facendo vibrare tutta l’arena.
Le uniche licenze a questa rigida struttura sono limitate alle cover tributo dei Velvet Underground (I Found a Reason), Cure (10:15 Saturday Night), Ultravox (Rockwrok) e Bahuaus (Bela Lugosi’s Dead) tutti brani precedenti a Mezzanine, incastrati tra un’esecuzione e l’altra. Se quindi musicalmente si guarda al passato, la narrazione del presente è affidata ai visual, con immagini che vanno dal terrorismo a Trump. È forse un’altra storia quella trasmessa sui maxi schermi? Assolutamente no! Se Mezzanine raccontava il disagio e la perdita di identità di una provincia inglese ignorata dalla middle-class, i video ci mostrano come quel disagio si è esteso, è diventato più violento varcando i confini geografici e superando le classi sociali. Ed è qui che emerge pienamente l’operazione di questo tour: andare oltre la pura celebrazione per diventare una concept performance dal fortissimo contenuto politico sui temi del consumismo, controllo dei dati e prepotenza. Mezzanine assume allora la forma di un vero e proprio pamphlet, profezia su un mondo che dieci anni dopo sarà raccontato dall’inglese Mark Fisher in “Realismo Capitalista”.
Il tema della mercificazione diviene ancora più beffardo quando, poco prima del finale, suona Levels di Avicii, l’unico brano eseguito dal duo inglese successivo all’uscita di Mezzanine. Il brano viene presentato alla stregua di una pubblicità sportiva, rendendo il ricordo del DJ svedese, che si è tolto la vita nel 2018, ancor più tragico. Il concerto termina con “Group Four” che riporta sul palco Elizabeth Fraser per il gran finale. Con quest’ultimo brano si chiude un cerchio e al tempo stesso lo si spezza. Se questi ultimi venti anni sono stati un loop reiterato nell’oscurità raccontata da Mezzanine senza lo spiraglio di una speranza, una possibilità sembra emergere: “Siamo intrappolati in un loop perenne. Dobbiamo lasciarci alle spalle i fantasmi del passato se vogliamo iniziare a costruire il futuro” è il messaggio proiettato sugli schermi con cui ci lasciano i Massive Attack.
Gianmarco Cappellano