1. Chi è D.IN.GE.CC.O secondo D.IN.GE.CC.O?
1. D.In.Ge.Cc.O per D.In.Ge.cc.O è un modo per dare un’anima ad un’ossessione (nel senso buono del termine) ovvero l’ossessione di comunicare. E farlo attraverso quello che ritengo uno dei mezzi più diretti, di quelli che parlano al cervello e nel migliore dei casi all’anima, ovvero la musica. Aristotele diceva che è l’unica, tra le forme d’arte, che non ha bisogno d’intermediazioni e che arriva direttamente alla mente o meglio proprio all’anima. Sono nato con questa passione e l’ho sempre coltivata sia come studioso della musica che come ascoltatore. Nella nostra epoca ogni amante della musica è fortunato rispetto alle generazioni che l’hanno preceduto. Quanta musica oggi giorno puoi ascoltare grazie alla reiterazione? Un’infinità. S’impara tanto ad ascoltare tanta musica di altri e a stuzzicare le corde della propria sensibilità a piacimento, in giro per strada, sulla metro, in macchina a casa. Viviamo un’epoca in cui l’essere umano ha la capacità di ascoltare qualsiasi cosa desidera in qualsiasi momento e questo è un grande valore per chi ama la musica e per chi sceglie la musica come modalità di espressione della propria creatività. Può essere però anche un grande svantaggio: Un ascoltatore passivo che recepisce solamente quello che gli propina il mercato e la moda del momento, rimarrà tale. Altresì un ascoltatore molto sensibile di certo cercherà in giro la musica che più lo fa sognare, che più gli piace e non si accontenterà della prima cosa che ascolta accendendo la radio. Ed oggi il cercare è facile grazie ad internet. Perché ho scelto la musica elettronica? Perché è, in fondo, la musica del nostro tempo. Lo è sia da un punto di vista storico che filosofico. Mi spiego. Nella storia della musica ogni era si è caratterizzata per la scoperta di nuovi strumenti o di un utilizzo nuovo di strumenti esistenti. Pensa quale innovazione ha portato l’invenzione del pianoforte. J.S.Bach si rese conto della grande portata di questo nuovo strumento sin dall’inizio e non esitò ad utilizzarlo senza fare il purista del vecchio clavicembalo. I sintetizzatori e la musica elettronica, oggi digitale, rappresentano un nuovo strumento in mano ai musicisti ed ai musicisti creativi, quello tipico della nostra epoca. Rappresentano anche lo strumento adatto per gli individui della società che abbiamo costruito. La tecnologia in generale è uno strumento democratico ed accessibile a tutti, è uno strumento che
permette di essere utilizzato ovunque (oggi con un iphone si possono comporre brani e canzoni di altissima qualità ovunque tu sia), uno strumento tipico per un creativo moderno, che comunica col mondo intero senza muoversi dalla propria abitazione ma attraverso un pc. Tutto ciò ha reso più democratica la capacità di fare arte. Certamente il rischio è quello della sovrapproduzione di arte mediocre o meglio…tecnicamente ben fatta ma al tempo stesso creativamente scarsa. Dall’altra parte il vantaggio è quello che questo sovraccarico di possibilità possa indirizzare inesorabilmente ad una maggiore attenzione per la creatività ovvero che nel marasma delle possibilità di tanti probabili artisti, possa affermarsi di più il vero creativo rispetto al bravo tecnico che ormai, con l’aiuto della tecnologia, può essere ognuno di noi con un minimo di applicazione e studio dello strumento. Poi c’è il discorso dell’attenzione verso questa creatività da parte di chi ha soldi da investire nelle produzioni musicale, di chi lo fa per mestiere, ma questo è, appunto, un altro discorso.
2. Come mai questo nome per il tuo progetto artistico?
2. D.In.Ge.Cc.O è un gioco di parole sul mio cognome nato anche da una scelta estetica (adoro gli acronimi e i nomi difficili, mi hanno sempre destato curiosità) ma che ha un significato preciso ovvero DIGITAL INNOVATIONS GENERATE CREATIVE COOL OXYGEN. D.In.Ge.Cc.O appunto che tradotto in italiano sarebbe: Le innovazioni digitali generano fresco ossigeno creativo. La mia musica nasce sia attraverso l’utilizzo dei sinth in formato digitale che con l’utilizzo di synth analogici. Ho sempre considerato piuttosto banale e inutile la diatriba tra sintetizzatori analogici e digitali. A mio parere l’effetto è quello che conta ovvero ciò che riesci a creare utilizzandoli. Oggi giorno, l’unica differenza tra analogico e digitale è che utilizzando sinth analogici (che conosco bene dagli anni 90) cambia l’approccio creativo alla musica, ovvero il modo di costruire armonie melodie e ritmi ma qui rischiamo di immergerci in discorsi troppo tecnici e per addetti ai lavori.
3. Come definiresti la tua musica in tre aggettivi?
3. Evocativa; contemporanea; futuristica
4. Ascoltando il tuo nuovo lavoro ci si ritrova coinvolti in un vortice di melodie da cui è difficile uscirne. Innanzitutto: Come è nato questo lavoro? Quali sono le idee che sono alla base delle canzoni che lo compongono?
4. Dopo il mio primo LP, Y.S.I.L.F.U. avevo bisogno di cercare qualcosa di nuovo. Sono stato a Chicago e New York per respirare un po’ di “meltin pop” visitando i luoghi dove è nata una certa musica elettronica soprattutto legata alla dance della seconda parte degli anni 70 e primi anni 80. La musica elettronica ancora oggi, in gran parte e almeno quello più popolare, è legata a quel tipo di approccio e ci può stare, amo la musica dance di qualità. Tuttavia anche la musica dance col tempo si è evoluta ed anche la musica elettronica dance è divenuta musica d’ascolto. Guarda i Daft Punk ad esempio o i Chemical Brothers. Tuttavia sono sempre stato dell’opinione che la forza della musica elettronica sia stata, nel tempo, quella di sapersi contaminare. Oggi invece c’è una tendenza contraria; ci sono troppe classificazioni stroppi steccati tra sottogeneri. Per uscire dalla gabbia delle etichette e classificazioni di cui è ricchissima soprattutto la musica elettronica dance, bisogna un po’ fare dei passi indietro per andare avanti. E’ un po’ quello che hanno fatto i Daft Punk che nel loro ultimo lavoro sono tornati indietro (per andare avanti) facendo omaggio a Moroder così come al soul ed il funky americano degli anni 70-80 ovvero alle radici della dance music. A partire da questa riflessione posso dire che il mio obiettivo, nel comporre “G” , è stato quello di ritrovare sensazioni e “mood” di tutta quella musica elettronica degli ultimi 40 anni che col tempo è stata travolta dalle mode. Intuizioni geniali buttate nel dimenticatoio. Dalle atmosfere eteree e sognanti di Vangelis ai voli cosmici di Jean Michelle Jarre, alle atmosfere rarefatte e robotiche dei Kraftwerk sino a passare alle convulsioni ritmiche di Aphex Twin di Autechre e dei Plaid sino ad arrivare alle atmosfere rarefatte dei Boards Of Canada per approdare al filone dance che partendo da Moroder arriva sino alla italo disco degli anni 90 di Picotto e D’Agostino ma anche facendo un salto nella musica contemporanea più colta e concettuale come quella di Maderna, Nono e Berio. Insomma ci siamo persi degli insegnamenti e delle intuizioni ed il mio intento, anche se un po’ presuntuoso, è stato quello di cogliere nella musica del passato degli spunti, delle tecniche, riproponendo il modo di creare, attraverso l’elettronica e in sinths, alcuni stati emotivi di cui erano interpreti eccezionali quegli artisti citati, naturalmente aggiornandoli e rivisitandoli. Alcune tematiche compositive e alcune sonorità molto spesso nate, come accade solo per la musica elettronica, dalla ricerca della rappresentazione di uno stato d’animo tipico di un’epoca, sono state capaci di creare suoni e ritmiche uniche capaci di rievocare, luoghi, situazioni, atmosfere. Il tutto naturalmente l’ho utilizzato per rappresentare la mia interpretazione dell’esistente che è molto legata ai suoni delle città, ai ricordi di bambino caratterizzati dalle sigle televisive di serie tv anni 80 e di cartoni animati, così come dalle serate passate nei clubs o semplicemente in macchina ascoltando i miei cd preferiti ecc ecc. Attraverso questi strumenti ho cercato di evocare le sensazioni recepite nel mio viaggio, gli stati d’animo interiori, le voci, le atmosfere che mi hanno colpito ed hanno forgiato il mio mondo musicale interiore. Non so quanto l’esperimento sia riuscito ma sta di fatto che ne sono soddisfatto. Non ho bisogno di seguire mode o di essere incanalato come il purista che fa solo un genere di musica. Non mi interessa seguire la trafila tipica dei cosiddetti Dj produttori che si fanno recensire solo da questa o quella rivista specializzata (tendenza in essere soprattutto in Italia a dire il vero) chiusi nel loro microcosmo autoreferenziale. Non sono un Dj anche se magari posso fare anche musica dance adatta anche al dancefloor, io seguo il mio percorso per tentare di fare qualcosa di nuovo, di diverso. Altrimenti non mi sentirei a mio agio nel comporre musica e farei altro.
5. Quali sono i tuoi progetti futuri?
5. Sto attualemnte lavorando a dei remix di “Birthday Will Exist 4 ever” e al volume due di “G”. Spero di fare uscire i remix entro l’Estate e il secondo volume di G il prossimo anno. In questo secondo volume proseguo il lavoro iniziato con il primo ma diciamo in chiave più dance e con influenze più marcatamente jazz e funky.
6. Se dovessi consigliare tre band contemporanee, quali sceglieresti?
6. Sempre difficile scegliere ma escludendo di darti tre nomi tra gli artisti preferiti di sempre ancora in attività (alcuni li ho citati durante l’intervista) volendo citare 3 artisti contemporanei ti direi Arcade Fire; Vampire Weekend; Jon Hopkins.