Abbiamo avuto l'occasione di contattare via mail gli A3 Apulia Project, band etno-folk originaria di Terlizzi (Bari) ma cittadina del mondo. Ecco cosa ci hanno raccontato:
1. Chi sono gli A3 Apulia Project? Come mai questo nome? Cosa caratterizza la vostra musica?
A3 Apulia Project è un progetto che nasce nel gennaio del 2007 da un’idea del chitarrista e autore Fabio Bagnato, specializzato nello studio e diffusione della chitarra battente, strumento antico appartenente alla tradizione contadina meridionale. Il nome del gruppo di cui fanno parte anche Walter Bagnato (pianoforte, fisarmonica, synth e voce), Francesco Rossini (basso elettrico) e Giacomo De Nicolò (batteria e pad elettronico) prende “ispirazione” dall’amata e odiata autostrada A3 Salerno – Reggio Calabria, la quale, per le sue condizioni, può essere di certo presa come simbolo di un Sud indolente e rassegnato dove mafia e politica lavorano a scapito di un popolo che merita di certo una sorte migliore; e per poter riscattare la parte sana di un Sud in grado di dar voce al cuore, abbiamo deciso di unire e di fondere la nostra rabbia e i nostri desideri in un sogno musicale carico di energia positiva.
2. È da poco uscito "Odysseia". Come mai avete deciso di dare questo nome al vostro ultimo album? Raccontateci un po’ il processo di scrittura dei testi che vi ha portato alla realizzazione del disco. Da dove sono nate le canzoni? Quali sono state le vostre fonti di ispirazione?
Il lavoro del gruppo ha il suo cuore pulsante, la sua anima più profonda nel Bacino del Mediterraneo da cui trae forza vitale e vocazione. È il Mare Nostrum, con le sue antiche sonorità e i suoi ritmi ancestrali, i suoi colori e la sua melanconia l’inizio, ed allo stesso tempo la meta finale del viaggio. Ed è su queste onde misteriose e millenarie che A3, come un nuovo Ulisse, intraprende il suo percorso poetico e musicale alla ricerca della propria spiritualità e della propria identità....una Odissea, appunto, musicale ed emozionale. Un lavoro questo di Odysseia, che vede nell’incontro di culture e di storie la sua realizzazione più alta in una visione multiforme, senza barriere…meticcia.
Il mare – diceva Pope – unisce da sempre le terre che separa. Questa citazione riesce a dare l’idea di ciò che Odysseia ha rappresentato in questi anni di lavoro. Noi proveniamo tutti da esperienze musicali diverse: dalla musica classica e tango (Walter Bagnato), al jazz (Francesco Rossini), all’etnico (Fabio Bagnato) e al rock (Giacomo De Nicolò). Le nostre influenze sono quindi variegate e variopinte. Di certo i grandi nomi della musica etno – folk sono stati dei pilastri per la nostra crescita musicale, si pensi alla Nuova Compagnia di Canto Popolare o allo splendido lavoro CREUZA DE MA di Fabrizio de Andrè, ma si può essere attratti, affascinati, “contaminati” anche dai musicisti che incontri via via sul tuo cammino, da un viaggio in un paese lontano o semplicemente dalle voci roche e “imperfette” di anziani cantori di montagna. Quello che però abbiamo cercato, fin da subito, è stata la volontà di tirar fuori un nostro sound, un carattere personale, un idioma musicale che potesse contraddistinguerci.
3. In "Odysseia" è molto forte l'impronta etno-folk (bellissime, ad esempio, le melodie di "Fabbrica del motore" e "Freccia del sud", veloci e sfrenatissime quelle di "Roumeni", solo per citare alcuni dei brani più significativi dell'album). Da dove nasce questa passione?
Quando abbiamo iniziato a lavorare a questo disco, avevamo la sensazione di essere un gruppo di naviganti sognatori in partenza verso una meta non ancora chiara e ben definita. Sapevamo ciò da cui partivamo: le nostre tradizioni musicali tanto amate, al tempo stesso oramai un po’ strette. Si avvertiva l’esigenza di allargare il nostro sguardo, di lanciarlo al di là delle “Colonne d’Ercole” , confini che, quasi inconsciamente, avevamo eretto intorno a noi. La nostra passione risiede quindi nella musica popolare che rappresenta il nostro essere, le nostre radici da cui abbiamo tratto linfa vitale che ci ha permesso di nascere e crescere. Il rischio che si corre però è quello di chiudersi in una sorta di “leghismo musicale” oltre il quale non si riesce a guardare. Questo lavoro rappresenta non certo un punto d’arrivo ma una prima tappa di questo viaggio musicale alla continua scoperta di nuove sonorità e nuovi linguaggi espressivi. Care ad A3 rimangono le tematiche antiche e attuali dell’emigrazione e dell’emarginazione simbolicamente rappresentate nelle figure di un vecchio emigrante del Sud (Freccia del Sud), di un randagio suonatore di strada (Roumenì) e di un povero sognatore a cui la società moderna, sorda e cieca, ha strappato tutte le sue aspirazioni (Fabbrica del motore).
4. Riuscite a riprodurre un mondo di suoni nelle vostre canzoni usando moltissimi strumenti: che tipo di importanza date alla musica rispetto alle parole?
Quello che cerchiamo di comunicare attraverso i nostri brani è semplicemente la vita. Ciò che vediamo e viviamo giorno per giorno si riflette nelle nostre composizioni: le difficoltà di un precariato quasi perenne, la voglia di riscatto e rinascita da parte dei popoli dei Sud del mondo, troppo spesso dimenticati, troppo spesso emarginati nei loro confini ma anche e soprattutto una spinta verso il raggiungimento dei nostri sogni e delle nostre speranze. Ovviamente prima che parolieri siamo musicisti ed è quasi naturale quindi dare ampio spazio alla musica, alla ricerca di un nostro sound e, non ultime, alle improvvisazioni che, durante ogni concerto, vengono fuori quasi spontaneamente. Il live è l’anima, il punto di partenza e allo stesso tempo meta del nostro lavoro. Il live è importante quanto lo studio, e a volte anche di più. Solo col live si può capire appieno quale sia il feeling fra i musicisti e soprattutto quanto un brano possa aver presa su un pubblico eterogeneo. Il live ci permette di sperimentare anche nuovi arrangiamenti, di giocare con gli spettatori così da avere con loro uno scambio di emozioni e sensazioni, utilissime e fondamentali per chi decide di scegliere la musica come strumento di realizzazione personale e professionale
5. Siete di Terlizzi (Bari) e avete quindi una visione della situazione artistico-culturale e musicale del sud Italia. Quali sono i pregi e i difetti di suonare a sud? Cosa vi invoglia a continuare a suonare e cosa vi scoraggia?
Essere artista in Puglia, al Sud è, un po’ come in generale oggi in Italia, estremamente complicato ma, allo stesso tempo stimolante. La Puglia ha dalla sua il fatto di essere stata da sempre terra di confine, di incroci di culture, crocevia dei più disparati linguaggi. Ha in se quindi una certa irrequietezza ed un certo dinamismo che è parte integrante dell’essere artista. Certo all’orizzonte è apparsa, come un faro, la nascita di “nuovi soggetti” preposti all’aiuto degli artisti emergenti pugliesi. Purtroppo, come tutte le buone idee, devono essere sviluppate al meglio, senza creare nicchie e conventicole autoreferenziali in cui i soliti nomi hanno la fortuna di poter usufruire di una grande opportunità come quelle che la Puglia sta offrendo in questi ultimi tempi. Parafrasando il grande Enzo Jannacci, sembra quasi di vedere e ascoltare i “soliti accordi”!!!
Tutto questo ovviamente ci stimola a guardare fuori dalla nostra bellissima regione, cercando nuovi canali e nuove possibilità. Quello che sappiamo di certo è che vogliamo andare avanti con la ricerca, la sperimentazione e ...continuare a sognare. La cosa davvero importante è cercare sempre di “raccontare una storia”, sincera e credibile! Il nostro “grazie” va allora in primis alla nostra Casa Discografica, la CNI di Roma e ai loro più vivaci animatori Paolo Dossena e Massimo Bonelli che hanno creduto e investito nel nostro progetto.
6. Se doveste consigliare 3 artisti italiani (tra scrittori, pittori, musicisti, band, cantautori...) di ieri e di oggi, quali sono i tre nomi che vi vengono in mente?
Limitarsi a 3 nomi è un po’ come fare il gioco della torre…. estremamente complicato. Di sicuro tra i preferiti metteremmo la Nuova Compagnia di Canto Popolare, Fabrizio De Andrè e Nino Rota.