È uscito da poco un album bellissimo, pieno di spunti interessanti, e gli artefici sono due ragazzi (Luca Grossi e Fausto Franchini): i Sintomi di Gioia. Con lo zampino di Umberto Maria Giardini (ex Moltheni) alla co-produzione e non solo, l'album omonimo è un gioiellino che si consiglia di ascoltare all'alba o al tramonto.
Abbiamo contattato la band per farci raccontare come sono nate le canzoni, le loro fonti di ispirazione per il disco, i loro impegni futuri, la collaborazione con Umberto Maria Giardini, il loro punto di vista sulla musica oggi in Italia e molto altro.
Chi sono i Sintomi di gioia?
Sono Luca Grossi e Fausto Franchini
Da dove deriva il nome della band?
Era il titolo di una canzone che ho scritto ormai molti anni fa
Come si è formata la band?
Suoniamo insieme dai tempi del liceo
A fine ottobre 2012 è uscito il vostro album omonimo. Quali sono gli ingredienti di questo disco? Di quali argomenti avete parlato?
Sono gli ingredienti che servono a comporre canzoni nel modo più classico. Abbiamo scartato molti brani e abbiamo scelto solo quelli che sembravano funzionare anche “chitarra e voce”, abbiamo privilegiato gli ingredienti base. I testi parlano della mia vita, se penso a “Di Blu” oppure a “Ordine”, e dell’atmosfera generale che respiriamo in questo momento storico, come in “Canzone per T” e “Varietà”.
La produzione artistica del disco è stata affidata a Umberto Maria Giardini. Come è nata questa collaborazione? Nel disco, inoltre, indossa anche i panni di batterista: come mai questa scelta?
E’ nata spontaneamente. Ho spedito 5 brani ad Umberto, lui mi ha risposto e ci siamo accordati per incontrarci in uno studio di Padova. Alla fine delle prime prove sapevamo che avremmo lavorato insieme. Ci siamo concentrati su diversi aspetti delle canzoni. Umberto ci ha aiutato a “fare pace” con i nostri limiti dandoci un metodo per tirare fuori la parte migliore sia sulla scrittura che sull’esecuzione.
Per quanto riguarda la batteria, i brani che ha suonato Umberto in studio sono gli stessi che suonava già in sala prove e quindi è stata una decisione naturale, i restanti li ho suonati io.
Come sono nate le canzoni (sia da un punto di vista testuale che per quanto riguarda gli arrangiamenti)?
Ogni canzone ha una sua storia, legata ad uno specifico momento della mia vita, ed è vestita con un arrangiamento che crediamo sia adeguato al messaggio e alle immagini che evoca. Abbiamo scelto di non avere lo stesso set di strumenti ma di valutare canzone per canzone quale strumento suonare e chi avrebbe dovuto suonarlo. Ora siamo un duo e questi sono i pregi.
Da dove avete preso spunto per concepire questi brani?
Se ti riferisci agli spunti musicali sicuramente sono molti, italiani e non. Devo dire che la musica italiana del passato mi prende sempre di più. Più cresco e più mi rendo conto che cantare in italiano è difficile e nello stesso affascinante.
Quali sono i vostri impegni futuri?
Mi piacerebbe fare un EP con alcune delle canzoni che non abbiamo inserito in questo disco. Parallelamente credo uscirà un arrangiamento per quartetto d’archi di un nostro vecchio brano.
Tour, collaborazioni, registrazioni?
Vorrei trovare una collaborazione per produrre una colonna sonora. Stiamo pensando anche di registrare un live in studio con un ospite che si occupi della parte ritmica dei brani ma chissà….
Se doveste consigliare tre artisti contemporanei (band, cantanti, scrittori, pittori, attori...) quali sono i primi tre nomi che vi vengono in mente?
Pittore: Marco Mazzoni. Attore: Pier Luigi Pasino (consiglio a tutti la webserie “ByMySide”). Musica: Sintomi di gioia.
Cosa ne pensate del trattamento riservato oggi alla musica in Italia, dalla possibilità di emergere alle difficoltà nel trovare date per potersi esprimere?
La musica in Italia è trattata male e non parlo direttamente del nostro contesto. E’ trattata male dalle istituzioni e diventa sempre più spesso il corredo di spettacoli televisivi.
La musica appare sempre più raramente nella lista delle discipline che rappresentano la cultura mentre, al contrario, ci si dovrebbe lavorare con tutti i mezzi e ad ogni livello: didattico nelle scuole, commerciale nei teatri ed editoriale. Bisognerebbe sostenere il “made in Italy” musicale con orgoglio ed energia. Vorrei che le radio italiane avessero una programmazione ricca di musica italiana, preferirei ascoltare molta musica brutta ma italiana piuttosto che musica brutta americana o inglese. Siamo vittime di un’esterofilia compulsiva che le radio continuano a sponsorizzare. Per di più credo che i talent show non siano la soluzione per una crescita musicale collettiva ma forse addirittura il contrario.
Emergere è difficile da sempre, ma questo è un discorso probabilmente troppo complesso da fare qui e poi preferisco l’autocritica rispetto la polemica.
Quanto ai concerti, trovarli è molto difficile e anche qui si torna al discorso dal maltrattamento della musica legato in questo caso alle condizioni delle strutture dove si può fare musica….un buon punto di partenza sarebbe insonorizzare i locali in cui si suona per fare in modo che il pubblico riesca a sentire in maniera decente. Da questo punto di vista non ci vogliono grossi investimenti, sono solo piccoli accorgimenti che migliorerebbero di molto gli spettacoli, soprattutto quelli in luoghi piccoli.