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Abbiamo intervistato ELOISA ATTI che ha da poco pubblicato il suo nuovo disco dal titolo EDGES. Ci ha parlato delle nuove canzoni, delle influenze musicali, dei progetti futuri e molto altro.
Buona lettura


copertinaESATTA Eloisa Atti1. Chi è ELOISA ATTI secondo ELOISA ATTI?
Una persona che sicuramente fa tante cose per volta: canto, compongo, suono, insegno inglese, lavoro la creta. Spesso tutto nella stessa giornata. La cosa che penso mi riesca meglio, più che altro perché la sento come esigenza naturale, è scrivere canzoni. Prima di farlo sento una spinta irrefrenabile, un richiamo ad esprimere un pensiero, o a volte a sviluppare una melodia; mentre lo faccio seguo una tensione creativa che al contempo mi elettrizza e mi tormenta finché non ho finito; quando tutto si è compiuto, invece di fumare una sigaretta, vengo presa dal demone della condivisione e devo subito farla ascoltare ad una persona cara, che spesso è mia sorella, la quale viene raggiunta dalla mia telefonata ovunque si trovi e obbligata da vincoli di sangue ad ascoltare “la novità” anche in condizioni generalmente precarie. Un’altra cosa che posso dire di me è che quando canto, ma anche quando ascolto, i nervi sono sempre scoperti. Ho bisogno di essere esposta, fragile, che non vuol dire debole, per trasmettere e per recepire in modo profondo.

2. Come definirebbe la sua musica? Se dovesse dare tre aggettivi alla sua musica, quali sceglierebbe?
Intima, melodica e vorrei fosse poetica, cioè questo è quello che considero molto importante. Poi non sta a me dire se e quando ci riesca davvero.

3. Cosa rappresenta per lei la musica?
Vivo la musica e la poesia come canali di espressione e di ricezione che mi appartengono, mi permettono di rendere chiari un pensiero o un sentimento, di recepirne un altro in modo immediato. La musica nel mio immaginario è anche qualcosa che avvicina le persone in modo molto potente, anche se per breve tempo ed è un’esperienza che può creare vincoli che dureranno tutta una vita. E’ per me un terreno congeniale perché ci sono stata esposta fin da bambina: i miei facevano feste, con amici di diversa provenienza, italiani, greci, brasiliani e si cantava, si ballava, si leggevano poesie. Si mangiava e beveva assieme e assieme si rideva e si piangeva. A volte anche la condivisione di una sola canzone di pochi minuti è qualcosa che si ricorderà per sempre.

4. Ascoltando il suo ultimo lavoro dal titolo “EDGES”, ci si ritrova coinvolti in un vortice di melodie da cui è difficile uscirne. Innanzitutto: Come mai questo titolo? Come è nato questo lavoro? Quali sono le idee che sono alla base delle canzoni che lo compongono?
Il titolo “Edges” vuole rappresentare le estremità del mio carattere, ma anche del mio mondo musicale che si è lasciato influenzare nel corso degli anni da sonorità molto diverse: la musica classica, il jazz, la musica brasiliana, il fado e naturalmente la cosiddetta Americana, che prevale in questo disco. Il lavoro è nato dal mio desiderio di raccogliere in un solo album diversi brani in inglese che avevo scritto negli ultimi 15 anni. La sonorità che mi stava attirando era proprio quella Americana: la ballata narrativa di Johnny Cash, la tradizione popolare della famiglia Carter che rende ballabile anche un sentimento doloroso, il suono desertico dei Calexico, i cori e le suggestioni di Morricone, ma anche l’eleganza e l’intimità di Norah Jones. E naturalmente una volta accesa la fiamma dell’ispirazione, ho continuato a scrivere brani nuovi in questa direzione. Le canzoni di Edges parlano di estremi e di confini sotto diversi punti di vista. Nella title track, Edges,  gli estremi sono incarnati da due persone completamente diverse: uno possiede la forza e la chiarezza d'intenti, l’altra è mutevole come il vento e la tenacia del desiderio di lui la spaventa, fino a portarle via il respiro. In Each man is God quello che ho voluto far emergere tramite due storie estreme è come si possa, anche con un gesto solo, entrare nella vita di un altro, quindi forzarne i confini, per scelta, follia o destino, e cambiarne il corso. I confini di cui parlo in The careless song sono, a mio parere, il male del nostro tempo: quelli che ci racchiudono nei nostri spazi vitali angusti, che ci fanno sentire protetti e soddisfatti, anche da una vita che è umanamente e spiritualmente insufficiente, disabilitandoci alla ricerca del contatto con l'esterno.

5. Quali sono i suoi progetti futuri?
Sicuramente portare in giro il più possibile il nostro disco tramite i live. Ho la fortuna di avere musicisti favolosi che suonano con me, sia che si tratti di un’intima presentazione in duo, sia di quella esplosiva con la formazione completa, il quintetto. La presentazione ufficiale sarà il 9 marzo al Teatro Petrella di Longiano, poi toccheremo la Lombardia, il Veneto, la Sardegna, la Romagna e mentre il nostro calendario si sta riempiendo, abbiamo anche già fissato preziose occasioni per far conoscere Edges tramite radio o tv. La mia pagina-artista su Facebook è un modo facile per restare in contatto con noi ed essere aggiornati sugli eventi che ci riguardano. Faremo anche diversi showcase, come quello che si sta organizzando a Cagliari per la terza settimana di aprile, presso il Dreamstore di Paola Cassano, che ha disegnato l’originale copertina del cd, facendomi l’onore di essere ammessa nella schiera de Le Sognatrici.

6. Se dovesse consigliare tre band contemporanee, quali sceglierebbe?
Domanda difficilissima, tanto quanto è vasta la scelta. Concerti che non vorrei perdermi?  I sempre contemporanei Calexico,  Pokey La Farge, Tedeschi Trucks Band, ma vorrei anche citare l’amico Antonio Gramentieri che mi ha arricchita con la sua grande esperienza in materia di sonorità americana. Da poco ho assistito ad un concerto di presentazione del suo Don Antonio, con la band al completo: una bomba!