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“Dance to the ground” è il nuovo singolo di Anna Soares, in uscita per LGR -  Lost Generation Records (e in distribuzione Believe) venerdì 28 aprile 2023. Sempre più aliena a quel che il pubblico si aspetta da lei, la cantautrice e producer regala ritmi tribali e limbici in una danza dedicata alla madre terra: farsi trascinare fino al suo centro, dalla potenza creatrice e dal suono, attraverso un cambiamento stilistico che tocca in modo inequivocabile una certa melodic techno tutta al femminile.  Cosa aspettarsi lo stabilirà il movimento ritmico dei nostri corpi in ascolto.

Incuriositi dal magnetismo di Anna, l’abbiamo intervistata.

Hai esordito nel 2021, hai voglia di riassumerci cos’è successo in questi due anni? E cosa pensi di aver imparato sulla discografia e la scena musicale indipendente?
Sono stati due anni densissimi di eventi, voglia di creare e sperimentare, crescita, emozioni. L’aver scritto e pubblicato due album è ovviamente solo una parte di questa crescita, che si è dipanata in più prospettive, lavorative, umane, interpersonali. Quel che sento di aver appreso dal fare musica indipendente è che non conta a quante persone arrivi, ma quel che sentono nel loro profondo nel momento in cui la tua musica le attraversa. Non mi sono mai interessati i numeri: le anime, quelle sono molto più accattivanti.

 

Qual è la tua storia musicale precedente a “Sacred Erotic”?
Dopo la mia laurea ho intrapreso lo studio di canto e pianoforte, per poi lavorare per nove anni come cantante in club, hotel ed eventi. In quegli anni ho composto alcuni singoli in collaborazione con producer dislocati in varie parti del mondo e un EP (qualcosa si trova ancora tra Youtube e Soundcloud), ma non mi rappresentavano nella mia complessità, erano più che altro sperimentazioni mentre arrivavo a comprendere quel che volevo esprimere con la mia arte.
Quali sono le altre esponenti della “melodic techno tutta al femminile”? E più in generale, hai qualche nome da segnalarci e che non dovremmo assolutamente perderci per nulla al mondo?

Sicuramente le prime artiste che mi vengono in mente sono Giorgia Angiuli, Francesca Lombardo, Giolì e Assia, Maya Jane Coles e Miss Monique, ma me ne sto perdendo sicuramente moltissime altre, ho una pessima memoria. In generale, trovo ci sia moltissima musica di valore e qualità nelle varie sfumature della techno e, più in generale, dell’elettronica al femminile.

Quanto l’estetica kinky è imprescindibile dalla tua musica?

Ha fatto parte di molte delle narrazioni del mio primo album, Sacred Erotic, e mi ha accompagnata (per attitudine personale e parzialmente per effettiva attinenza) nel secondo album, Dionysus. Da quest’anno sto molto prescindendo da quel genere di immaginario perché voglio raccontare altro, l’essere umano dietro l’artista è sempre sfaccettato, e sopra ogni cosa non voglio cristallizzarmi.

 

Prossimi passi?

Ci sarà tanta nuova musica che andrà sempre più a delineare i contorni delle sfaccettature e diramazioni concettuali che sto affrontando nella mia creazione artistica. Inoltre, sono in procinto di iniziare una serie di talk show dal vivo a Milano sulla sessualità consapevole insieme ad Ayzad, uno dei più validi scrittori e studiosi di sessualità atipiche.