Si intitola “Miles to go” l'ambizioso progetto della band Carovana Tabù che vede la preziosa partecipazione del grande Fabrizio Bosso. L’obiettivo del caleidoscopico ensemble (Stefano Proietti – pianoforte, tastiere, composizioni e arrangiamenti // Andrea Albini – chitarra acustica, chitarra elettrica e composizioni // Nicole Brandini – basso elettrico // Davide Di Giuseppe – batteria e live electronics // Giacomo Cazzaro – sax alto, sax baritono e composizioni // Federico Limardo – sax tenore, sax soprano e clarinetto // Tony Santoruvo – tromba e flicorno // Giulio Tullio – trombone) è quello di diffondere il più possibile la musica ed il genio artistico di Miles Davis attraverso una suite di sette arrangiamenti originali di celebri brani di Davis e tre brani inediti, ispirati ad omonimi quadri dell’artista.
Ad arricchire la proposta c'è la collaborazione con la tromba solista di Fabrizio Bosso che si fonde con il sound jazz/funk/pop dei Carovana Tabù e il live electronics.
La bellezza del progetto CAROVANA TABÙ è la loro attitudine nei confronti della musica: ascoltando le canzoni si ha sin da subito l'idea e l'importanza che loro danno al suonare insieme. Tante singolarità, tante peculiarità, tante differenze, tante idee che al servizio della musica creano un unico seducente flusso che cattura l'ascoltatore.
La SUITE 1 è composta da sette movimenti che esplorano le sfumature di un universo affascinante raccontato in chiave funk-jazz ed elettronica. L'inizio è affidato al mistero di "So what" con un sottofondo cupo e profondo. Con "Four" c'è la metamorfosi in un’atmosfera di memoria stravinskiana, con il contrappunto dei fiati e il tema originale che fiorisce attraverso il canto della tromba solista. Con "Nardis" ci troviamo al cospetto di sonorità orientali, argentine e spagnole con la chiara influenza di mostri sacri come Astor Piazzolla e Albéniz; a metà suite troviamo "Blue in Green", il punto più drammatico. I fiati sono abbandonati in un corale quasi organistico senza tempo, in cui il lamento della tromba solista accompagna idealmente la scomparsa di Miles Davis. Dal silenzio lasciato dalle ultime note si risale con "Milestones", e i riferimenti a Debussy, per poi proseguire con "Solar". Il viaggio termina con la bellissima "Seven Steps To Heaven": l’ultimo accordo di Re maggiore, dipinto dalle note gravi ed arpeggiate del basso elettrico chiudono il cerchio disegnato, inizialmente, da So What. Dai primi suoni tenebrosi si passa al culmine della drammaticità per approdare ad una rinascita.
La SUITE 2 è composta invece da tre brani originali, che si ispirano a tre quadri omonimi di Miles Davis.
In "New York by Night" il gioco di intrecci colorati genera una doppia linea verticale che disegna la sagoma di un volto femminile. La donna si muove in una New York notturna, poi un improvviso attimo di stasi; la protagonista è sola col rumore del suo viaggio che prosegue in una città che la osserva andare via.
"Dancer" porta il ritmo evocativo di New York ad un riff dei fiati che all’inizio dà i primi segnali di un movimento meno timido. Quasi come se si volesse invitare la donna a salire sul palco e ad iniziare una danza. Cosa che poi accade, gradualmente, il ritmo è più spedito e non passa molto tempo che si arriva all’esplosione del pezzo, che ripercorre la gioiosità e la tonalità festosa dei colori delle tre figure che si uniscono in una danza, connubio di un sentimento di allegria espresso contemporaneamente dal movimento della musica e dei corpi.
Poi tutto svanisce, ed ecco l’ultima tappa: "Roots". Le radici della donna, di un gruppo di giovani artisti, di tutti noi. Tantissimi visi, molti dei quali si assomigliano. Si notano persone dipinte con colori differenti. Qual è la vera autenticità del viaggio? Che la verità del nostro movimento delle nostre vite sia dentro di noi, dentro la soggettività di ciascuno?
TRACCE
Suite 1
-So what
-Four
-Nardis
-Blue in green
-Milestones
-Solar
-Seven steps to Heaven
Suite 2
-New York by Night
-Dancer
-Roots