Abbiamo contattato il NEEDLEWORK, freschi di uscita con il loro album dal titolo "NEEDLEWOK". Ci hanno parlato della loro musica, di come nascono i loro brani, dei loro progetti futuri, dei loro gusti musicali e molto altro. Buona lettura.
1. Chi sono i NEEDLEWORK secondo i NEEDLEWORK ?
Innanzitutto, ciao! Siamo quattro ragazzi intorno ai 30 anni, abbiamo imparato a suonare uno strumento da autodidatta, e ci incontriamo una volta alla settimana per suonare insieme.
Nessuna evasione dalla realtà, nessuna denuncia sociale, e amiamo il nostro lavoro. Di fatto, vogliamo solo dimostrare che sappiamo buttare giù quattro accordi anche noi, senza farci passare per le rock star del quartiere, e restando con i proverbiali piedi per terra.
2. Come definireste la vostra musica? Se doveste dare tre aggettivi alla vostra musica, quali scegliereste?
Divertente, diretta, non presuntuosa. Siamo piuttosto contrari alla ricerca di soluzioni fini a se stesse e all'utilizzo di orpelli troppo ricercati.
3. Cosa rappresenta per voi la musica (la vostra e quella che ascoltate)?
Evasione (fiscale). Guarda, senza dirti che la musica rappresenta la colonna sonora della nostra vita, o imbarcarmi in metafore troppo ardite, ultimamente rappresenta fonte di bile e gastrite, come leggerai alcune risposte più in basso.
4. Ascoltando il vostro nuovo album “NeedleWOK”, ci si ritrova in un vortice di melodie che catturano dalla prima all'ultima nota. Innanzitutto: come mai il titolo “NeedleWOK”? Come è nato questo disco? Quali sono le idee che sono alla base delle canzoni che lo compongono?
Il titolo NeedleWOK vuole essere sia un omaggio alle varie storpiature del nostro nome che abbiamo subìto sulle varie locandine nel corso degli anni (da “Need a Work” a “Nerdwork” a “Nidelwork”), sia un richiamo alla padella wok, usata nella cucina cinese per qualsiasi tipo di cottura, dal momento che il nostro disco ha molteplici fonti di ispirazione e approccia diversi generi, dal rock al rockabilly, passando per il blues. Abbiamo puntato sull'easy listening, su sonorità e strutture compositive che non spiazzassero l'ascoltatore.
Per questo motivo, e per il nostro amore per la pentatonica, siamo stati etichettati come derivativi da alcuni addetti ai lavori. Al di là della scontata polemica su cosa sia veramente innovativo e se innovare sia un pregio per definizione, crediamo che sia fondamentale creare qualcosa di fruibile per l'ascoltatore occasionale.
5. Quali sono i vostri progetti futuri?
Stiamo lavorando per cercare di diffondere il disco e raccogliere alcune recensioni e interviste, da sfruttare in un'ottica di autopromozione. L'obiettivo, infatti, è quello di avere materiale sufficiente per creare una sorta di collage di opinioni positive sul nostro disco. Il trafiletto che otterremo, mi auguro non troppo striminzito, verrà legato a un sasso, e lanciato contro la
finestra di alcuni locali che non ci considerano minimamente, ma che hanno, nel corso degli anni, collezionato una buona quantità di nostri demo. In extrema ratio, passeremo alla minaccia fisica.
6. Musicalmente parlando, qual è il vostro sogno nel cassetto?
Un riassestamento del tessuto live della zona.Qui diventiamo parecchio polemici, perchè molte band stanno di fatto monopolizzando la scena attraverso collaborazioni quasi autoreferenziali.
Molti artisti della zona hanno una sensazione di impotenza, trovandosi di fronte a un muro di gomma: puoi passare, per un mese, tutte le settimane nello stesso locale, e lasciare più volte il tuo disco (“Scusami, ma non lo trovo più”), non-fissare date (“Guarda, torna settimana prossima perchè non ho qui l'agenda”), mettere in discussione l'alternarsi delle stagioni (“Siamo a gennaio, e stiamo fissando le date di maggio... tornate a maggio, così fissiamo per giugno”), e assistere a pantomime (“Siete Le Teste? Ah, no, perchè loro NON mi sono piaciuti e pensavo foste voi”). Succede a QUASI tutti, in primis a gente molto più abile e molto più in gamba di noi. Ok, sei una realtà commerciale, gestisci o organizzi serate per alcuni locali, quindi devi far suonare gruppi che hanno un seguito. Allora non chiami il gruppo sconosciuto da Berlino perchè fa figo. Allora non ti poni come salvatore della musica live della zona, come quello che dà spazio a chiunque, quando tu, locale con la nomea di paladino del sottobosco indipendente, fai suonare sempre i soliti. Infatti, il gruppo A suona come spalla del gruppo B, dopo due settimane il gruppo B suona come spalla del gruppo A, e dopo un mese suona il gruppo C, che è costituito dai componenti del gruppo A e del gruppo B. Dimenticavo! Questa domenica c'è il festival, e suonano A, B e C. Magari, concedi mezz'ora, gratuita, a un gruppo che non conosci (tu promoter) come spalla a un altro gruppo attinente. In seguito, farai le tue valutazioni.
Il paradosso è che ormai è il pub, storicamente sinonimo di palco per gruppi cover attira-masse, che accetta di farti suonare a scatola chiusa. Riusciamo a ottenere date qua e là con relativa frequenza, ma proprio non riusciamo (da anni) a fissare neanche una misera mezz'ora nei locali di cui sopra, che sono pur sempre di scope medio-basso. E quella rara volta in cui ci siamo riusciti, è stato grazie ad amicizie in comune. Qui lo dico e qui lo nego, le conoscenze vanno sfruttate.
7. Se doveste consigliare tre band contemporanee, quali scegliereste?
Living End, John Mayer Trio, Foo Fighters.
E Le Teste.
Siete voi Le Teste?
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