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Un alternative rock che sa di anni 90: suoni acidi e distorti, batterie energiche e ritmiche scomposte, quasi nevrotiche, con un cantato recitato, urlato, talvolta morbidamente malinconico.

 

É uscito giovedì 3 novembre 2022 l'album di debutto del progetto Gamaar,  fondato dalla cantautrice e produttrice bresciana Gabriella Diana. Un nuovo capitolo che prende il nome di “Kafka For President”, un disco arrabbiato: nuotando nell'assurdo, racconta cosa succede alla mente quando galleggia e quando affoga. Vivendo in una società capitalista, una società della performance, del consumo, dello sfruttamento lavorativo, del trauma, del privilegio e della discriminazione, cosa succede alla nostra salute mentale? Si rompe, si contorce e resiste.

Di questo abbiamo parlato con Gabriella dei Gamaar.
 

Come sarebbero i Gamaar se non fossero arrabbiati? E a quale periodo “arrabbiato” fa riferimento questo disco? È cambiato qualcosa nel frattempo?
Non so ancora come saremmo se non fossimo arrabbiati, ma sicuramente lo scopriremo presto elaborando i brani nuovi. Il fatto è che tutti i brani del disco son stati scritti tra il 2015 e il 2018, periodo della mia vita in cui son stata peggio in assoluto: depressione, ansia, panico e frustrazione governavano le mie giornate, e nel disco si sente. Ero arrabbiata perché mi vedevo come un ingranaggio nel sistema capitalistico (lavora e consuma), mi sentivo in trappola: guardavo il mondo e le sue ingiustizie, l’indifferenza della gente e la mia incapacità di fare davvero qualcosa per cambiare le cose, intanto questa rabbia e tristezza si accumulavano dentro di me, mi sentivo inadeguata, mai abbastanza, senza futuro e senza speranza. Questo disco nasce da queste sensazioni, da quella rabbia.
Qualcosa è cambiato, la terapia mi ha aiutato a maturare dei “metodi” per elaborare in modo più sano le mie emozioni e a gestirle meglio, senza rotolare nel “buco nero”. Però ecco quella rabbia è sempre lì, voglio solo cercare di non vivere costantemente arrabbiata: la vita sa essere bella, sa meravigliarti. Voglio imparare a scegliere di non arrabbiarmi a volte, di concedermi di star bene.

Qual è il vantaggio di far parte di una scena tanto florida come quella di Brescia? Quale invece lo svantaggio? Qualche band o progetto in particolare a cui vi sentite particolarmente legati?
Il vantaggio del far parte della scena bresciana è sicuramente il sentirsi stimolati da altre band, eventi e collettivi a mettersi in gioco, a buttarsi. Sicuramente siamo tantissimi e tantissime che cerchiamo di fare la stessa cosa, o meglio di muoverci nello stesso ambiente con mezzi ed idee simili, quindi è difficile emergere o farsi notare davvero. Ma sono cose per cui ci vuole tempo, non tutto è veloce ed efficace come ci abituano a pensare, e va bene così.
Via Dell’Ironia sono amiche e bravissime musiciste, poi Tin Woodman, Gemini Blue, Otso, Phonobeat, Onder, Spellbound Circle, Listrea, Silvia Lovicario e tantissimi/e altre realtà ci ispirano e condividiamo con loro spazi e birre sempre volentieri.

Entriamo dentro la vostra formazione. Chi suona cosa? Vi capita mai di sperimentare quando siete in sala prove?
Ci sono io, Gabriella Diana, alla chitarra elettrica e alla voce, poi Ylenia De Rocco alla batteria e Cristian Bona al basso e seconde voci. In sala prove si sperimenta certo, poi dipende dal tipo di prova, ovvero se è una prova più esegutiva si suona la scaletta e si perfeziona la performance, se invece è una prova creativa si lavora insieme su un arrangiamento, ed è molto divertente. E’ molto bello vedere cosa si crea insieme, mettendo ognuno/a qualcosa; penso sia la magia del fondare una band, ed è stata la cosa che mi è sempre mancata suonando da sola per tanti anni.

Ci descrivete lo spazio dove nascono i brani dei Gamaar?
I brani dei Gamaar nascono nel mio studio casalingo a casa dei miei, tra il 2016 e il 2018: uno spazio che è stato letteralmente la mia tana per anni. Passavo tutto il mio tempo libero in quella stanza in compagnia delle mie chitarre, del mio pianoforte, del mio lettore vinili e del mio computer, scrivendo e ascoltando tantissima musica. Mi sono formata in quel modo, studiando al CPM e poi tornando a casa e rinchiudendomi in quel “mini mondo” tutto mio. Il disco è nato lì dentro.

 

Quale consiglio vi sentite di lasciare a chi si sente “bloccato”?
Di prendersi lo spazio e il tempo necessari per riconnettersi con le proprie frequenze interiori: è normale che ci siano interferenze e carenze di segnale lungo il percorso, ma è importante ricordarsi di fermarsi, respirare e ascoltarci. Viviamo una vita tendenzialmente frenetica, che ci fa dimenticare spesso chi siamo e cosa ci piace davvero, è importante ricordarselo di tanto in tanto per non perderci completamente.