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Abbiamo intervistato l'artista Marilena Anzini che ha da poco pubblicato il disco dal titolo "Gurfa"; ci ha raccontato i nuovi brani, le nuove suggestioni sonore, le influenze musicali e molto altro.
Buona lettura

 

1. Chi è Marilena Anzini secondo Marilena Anzini?
Che domanda difficile! (ride, ndr)
Direi che sono una persona ancora in cammino per scoprire la me stessa più autentica, consapevole che non mi basterà l’intera vita per arrivare alla fine del lavoro. D’altra parte è un cammino fondamentale e per fortuna può essere anche molto affascinante: io devo ringraziare la mia voce perché, oltre che strumento per il canto, è stata -ed è tuttora- anche un fil rouge da seguire per conoscermi meglio. La voce non mente mai: basta imparare ad ascoltarla in tutte le sue sottili sfumature e lei ci racconta quasi tutto di noi, aiutandoci anche, se lo vogliamo, a crescere. E allora se devo provare a descrivermi posso dire di avere una forte tendenza a conciliare gli opposti: tra i miei tanti interessi vocali e musicali c’è ad esempio il canto gregoriano -che è anche parte della mia pratica spirituale-, ma porto ancora e sempre nel cuore anche la ‘mia’ Janis Joplin, di cui cantavo a memoria tutte le canzoni quando ero un’adolescente inquieta e ribelle. Sono tendenzialmente introversa e sto molto bene da sola, ma amo anche avere la casa piena di amici e cucinare per loro. Credo di essere molto sensibile alla bellezza, in tutte le sue forme - materiali e immateriali - e di avere una spiccata predisposizione a vederla anche dove è meno evidente. Soffro terribilmente per le ingiustizie, la violenza e la falsità nel mondo e sono ancora inguaribilmente convinta che la bellezza ci salverà: per cambiare davvero il mondo, è necessario che si dilati il cuore e la sensibilità di ogni individuo e a questo scopo l’arte e la cultura sono strumenti straordinari. Insomma…ho tanti aspetti, a volte anche apparentemente contradditori, e il mio compito quotidiano è quello di cercare di armonizzarli tra loro. Come diceva Walt Whitman “contengo moltitudini”, e a volte sento che dentro si scatena una vera e propria rissa, mentre altre volte si raggiunge una convivenza abbastanza serena. E poi ci sono quelle volte -momenti di grazia, che accadono spesso quando canto e quando scrivo canzoni- in cui le sento lavorare insieme d’amore e d’accordo: sono momenti in cui mi sento davvero bene, al mio posto, viva, e tutta intera.

2. Come definiresti la tua musica in tre aggettivi?
Corale, perché è molto incentrata sugli arrangiamenti corali che costituiscono delle vere e proprie parti strutturali dei brani. La voce è il suono più vicino all’essere umano dal momento che è prodotto dalla vibrazione del suo stesso corpo, e cantare in coro va ben oltre il fare musica: è una meravigliosa esperienza di connessione umana…dovrebbero sperimentarla tutti quanti!
Trasparente, perché a detta di molti critici non è facilmente classificabile e, pur toccandone molti, non appartiene ad un genere specifico… un po’ come l’acqua che, per sua natura, non ha una forma definita ma scorre e cambia stato in continuazione, rimanendo però sempre se stessa.
Vibrante, perché è viva e vivace e, alla fine, lascia una sorta di eco…

3. Ascoltando il tuo nuovo lavoro “Gurfa” ci si ritrova coinvolti in un vortice di melodie da cui è difficile uscirne. Innanzitutto: come mai questo titolo? Come è nato questo lavoro? Quali sono le idee che sono alla base delle canzoni che lo compongono?
Il titolo è un’antica parola araba il cui significato letterale è “l’acqua che si può tenere in una mano”. Una quantità piccola piccola, ma che rimanda a qualcosa di molto molto grande: l’acqua è negli oceani e nelle nuvole, negli esseri umani e nelle piante, nell’umidità e nei ghiacciai… è veramente ovunque, e connette tutte le cose. La diamo per scontata ma è preziosissima: la vita è nata miliardi di anni fa proprio nell’acqua, e ancora adesso non c’è vita senza di essa. Tenere l’acqua in una mano richiede molta attenzione perché può facilmente scivolare via e Gurfa significa soprattutto questo: avere cura delle piccole cose perché tutto, anche ciò che appare insignificante, ha la sua importanza e spesso nasconde qualcosa di grande.
Nelle mie canzoni parlo spesso di dettagli che non si notano facilmente, come un raggio di sole che trova la strada in un bosco passando tra le foglie e accendendole di luce, o la forma di una conchiglia che rimanda ad una proporzione perfetta e ad un numero infinito…cose che vanno oltre la nostra comprensione razionale e che ripagano l’attenzione che necessitano con attimi di meraviglia in cui il cuore si espande, facendoci sentire connessi a qualcosa di molto più grande di noi. Viene da sé che non potrei mai cantare da sola queste canzoni e quindi, intorno al testo e alla melodia principale, intreccio voci con suoni e fonemi spesso svincolati dal linguaggio, che poi affido alle Ciwicè, l’ensemble vocale femminile che mi accompagna in questa avventura sia in studio che dal vivo. In molti mi hanno detto ciò che riferisci: questi arrangiamenti vocali sono un po’ incantatori, attirano l’attenzione dilatando il senso del testo, o spostando il brano in un ‘altrove’, o portando l’ascolto più in profondità…portano loro stessi un significato e qualcuno mi ha detto che lasciano alla fine un vago senso di stupore. Forse questo ha a che fare con il mio approccio compositivo che è molto intuitivo e improvvisativo: l’inizio del processo creativo è uno spunto che mi ‘accende’, una scintilla iniziale da seguire con curiosità per vedere dove mi porta. A volte è un ritmo, a volte è una parola o una frase, a volte una progressione di accordi, a volte una circle song…cerco di lasciarmi trasportare, come se fosse la canzone a guidare me. È un approccio che ha a che fare più con il ricevere che con il fare: d’altra parte si dice che la composizione è una improvvisazione lenta, mentre l’improvvisazione è una composizione veloce e non sono mai separate, ci vogliono entrambe, ma l’aspetto più compositivo e razionale lo faccio entrare solo in un secondo momento.

4. Quali sono i tuoi progetti futuri?
Io e le Ciwicè abbiamo diversi live in programma e speriamo ce ne siano anche di più. Poi sto scrivendo nuove canzoni, sempre con la collaborazione di Giorgio Andreoli, co-produttore di Gurfa e anche del precedente album Oroverde…insomma, i normali progetti futuri di ogni musicista. Per ciò che riguarda la ricerca musicale, sono molto attratta dalla relazione tra improvvisazione e composizione e sto esplorando dei format in cui farli convivere più da vicino, facendoli confluire l’uno nell’altro con più fluidità. Ci sono anche delle collaborazioni in vista, ma non mi sbilancio troppo perché non c’è ancora nulla di sicuro.

5. Se dovessi consigliare tre band contemporanee, quali sceglieresti?
Rispondo così di getto, senza pensarci troppo: Punch brothers, per il sapiente modo in cui utilizzano elementi musicali tradizionali in modo attualissimo; Dave Matthews Band, perché li amo da sempre e sono un bellissimo esempio di come si possa crescere in entusiasmo e affiatamento suonando insieme per lungo tempo, mantenendosi allo stesso tempo sempre più freschi e creativi; Roomful of teeth perché mostrano le frontiere della voce, il suono più antico di sempre, aprendo uno sguardo verso il futuro.