Abbiamo contattato Michelangelo Giordano che ci ha raccontato il suo nuovo disco dal titolo "Le strade popolari". Abbiamo parlato un po' delle sue canzoni, della sua musica, dei suoi progetti futuri, delle sue influenze e molto altro. Buona lettura!
1. Chi è Michelangelo Giordano secondo Michelangelo Giordano?
Una persona che vive il presente, giorno per giorno con determinazione inseguendo i propri sogni, le proprie idee ed i propri ideali. Una persona che ha sempre più voglia di dare amore e di essere altruista, ma anche una persona che non sopporta la mancanza di rispetto. Oggi, spesso, il rispetto viene concesso in base al ruolo che ricopri nella società e questa cosa non la sopporto.
2. Come definiresti la tua musica? Se dovessi dare tre aggettivi alla tua musica, quali sceglieresti?
La mia musica è suonata con strumenti veri e l’ausilio dell’elettronica è quasi inesistente; già questo mi fa pensare a qualcosa di vissuto fino in fondo dal corpo e dalla mente; mani sullo strumento che traducono il messaggio più profondo dell’anima. Tre aggettivi che potrebbero rappresentare la mia musica, sperando di non peccare di presunzione, sono: sincera, popolare e a volte narrativa.
3. Cosa rappresenta per te la musica (la tua e quella che ascolti)?
Dico sempre che la musica fa parte delle mie tre esigenze primarie di vita (cibo, musica e sesso). Quindi più che un semplice piacere, la musica per me è estrema necessità.
4. Ascoltando il tuo ultimo lavoro dal titolo “Le strade popolari” , ci si ritrova coinvolti in un vortice di melodie da cui è difficile uscirne. Innanzitutto: Puoi raccontarci le origini di questo titolo? Come è nato questo lavoro? Quali sono le idee che sono alla base delle canzoni che lo compongono?
Il titolo dell’album è nato ancora prima di selezionare i brani da inserire nel CD perché rappresenta il mio gusto musicale e l’amore verso determinate sonorità. Inoltre, rappresenta anche il mio modo di scrivere canzoni che sono quasi sempre racconti di vita provenienti dalla strada, dalla gente che vive e stenti cercando di arrivare a fine mese con dignità; le mie sono canzoni del popolo e mi piace pensare che, anche attraverso la musica ci si può battere per i diritti della gente più debole.
5. È forte nelle tue canzoni la componente della musica tradizionale della tua terra. Come mai hai scelto di mescolare il vecchio e il nuovo, la tradizione e la modernità?
Perché sono nato e cresciuto in terre del Sud e certe influenze sono inevitabili. Inoltre queste influenze, ho voluto coltivarle ed assecondarle facendole diventare parte di me. Poi per il bene della musica e per spirito creativo ho voluto pensare a qualcosa che valorizzasse la tradizione oggi, senza lasciarla incastrata nel suo passato e così è nato questo album. Ho notato che questa esigenza di un ritorno alle origini non è solo mia, ma anche di molti altri; quello, però, che rimproverò ad alcuni colleghi è il non mettersi in gioco rielaborando la tradizione. Fare musica tradizionale come cinquanta anni fa non dà niente, né alla musica tradizionale e tanto meno alla musica in generale.
6. Quali sono i tuoi progetti futuri?
Sono tanti e alcuni si stanno realizzando lungo queste strade popolari; infatti ho avuto il piacere questa estate di essere presente in un tempio della musica d’autore come “Asti Musica” dove mi sono esibito prima del concerto di Carmen Consoli, artista che stimo. Sempre questa estate ho tenuto un concerto nella mia città natale in una location da sogno, dinnanzi al Castello Aragonese che sorge nel cuore della città. Prossimamente, invece, avrò l’onore di suonare in luoghi di cultura e d’istruzione come il Polo di Mediazione Interculturale e Comunicazione di Sesto San Giovanni e presso l’Auditorium della Statale di Milano, proprio perché il mio album è stato ritenuto un impegno sociale attraverso la musica. Intanto nel mese di ottobre lanceremo il secondo singolo che spero porti ancora tante altre belle sorprese.
7. Musicalmente parlando, qual è il tuo sogno nel cassetto?
Poter vivere di musica. La crisi discografica ha reso questo obiettivo quasi utopico, ma ormai la crisi c’è in ogni settore e bisogna rimboccarsi le maniche e lottare affinché in Italia anche la musica venga tutelata con delle normative. Bisogna pensare che la musica non è un gioco, ma può e deve essere considerata anche un lavoro perché c’è chi la fa con professionalità, impegno e dedizione.
8. Se dovessi consigliare tre band contemporanee, quali sceglieresti?
I Negramaro mi piacciono, trovo molto interessante la penna di Giuliano Sangiorgi, gli arrangiamenti non mi colpiscono particolarmente perché sento troppe influenze dei Muse, quindi per quello preferisco ascoltare i Muse. Mi piace molto un gruppo che ho conosciuto grazie al web, i Barcelona Gipsy Klazmer Orchestra a testimonianza che la bravura spesso è assente dai circuiti convenzionali e globalizzati. Mi piace ascoltare anche alcune realtà regionali come i Lautari, gruppo siciliano che fu prodotto da Carmen Consoli qualche anno fa con forti connotazioni etniche.