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copertinaDopo 60 anni di carriera ci si può ancora emozionare, continuando ad appassionare il grande pubblico? La risposta che Ornella Vanoni dà al teatro Arcimboldi di Milano è racchiusa in uno spettacolo sorprendente, fedele ai grandi successi, con qualche inaspettato fuoriprogramma.

L’artista intreccia le trame della propria vita personale con il crescendo professionale, a partire dagli esordi al Piccolo Teatro di Milano con Giorgio Strehler che l’ha vista protagonista prima in teatro e poi nelle canzoni della mala (“Ma mi” e “Le mantellate”). La scaletta riflette i legame con i grandi musicisti e parolieri, che hanno segnato il panorama della canzone d’autore: Gino Paoli (“Senza fine”, “Che cosa c’è”), Luigi Tenco (“Vedrai, Vedrai”), Toquinho (“La voglia la pazzia l'incoscienza l'allegria”), Lucio Dalla (“Caruso”), senza dimenticare i concittadini Giorgio Gaber (“Non insegnate ai bambini”) e Enzo Jannacci (“Vengo anch’io, no tu no”).

Molti brani sono rivisitati in chiave jazz, il quintetto sul palco accompagna l’artista con arrangiamenti che valorizzano il talento dell’interprete raffinata. A metà serata, viene invitato sul palco il musicista israeliano Idan Raichel che duetta in “Che sia buona la vita”. La passione trasversale per i generi si manifesta anche in un inaspettato tributo ad Amy Winehouse con “Love is losing game” di Amy Winehouse.

Il pubblico è entusiasta, gli applausi scoppiano nel bel mezzo delle canzoni e le voci si fanno all’unisono (come nella sanremese “Imparare ad amarsi”). Due i bis, “Rossetto e cioccolato” e “Io che ho avuto solo te”, con l’inattesa comparsa sul palco dell’amata barboncina Ondina, che scodinzola curiosa e accompagna in trionfo la Vanoni nazionale verso l’epilogo di una folgorante performance.