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1. Chi sono i 373°K secondo i 373°K?
R. Ciao a tutti! Allora, siamo una rock band nata a Bologna nel 2009 durante gli studi universitari dei vari componenti. Abbiamo all’attivo tre album (Spiriti Bollenti 2011; Lontano 2013 e Capovalle 2020) e la nostra musica, nata come rock sanguigno, ha man mano virato verso sonorità più delicate e, per certi versi, cantautorali.

2. Come mai questo nome per il vostro progetto?
R. Il nome deriva dalla fisica: 373,15 K corrisponde a 100 C, che è la temperatura di ebollizione dell’acqua. Come dicevo prima, inizialmente il nostro era un rock bello energico, giovanile e, aggiungerei, arrabbiato; da qui l’idea di un nome che rappresentasse il grado di ebollizione del pensiero che emergeva anche dai nostri testi. Poi per dare un tocco un po’ arrabbiato al nome, abbiamo deciso di utilizzare il pallino ° commettendo, di fondo, un errore perché o è Kelvin o è Celsius. Ma è proprio perché un errore, che ci viene puntualmente ricordato (ride), volevamo sottolineare l’animo grezzo e scanzonato dei primi anni della band.

3. Come definireste la vostra musica in tre aggettivi?
R. Melodica, riflessiva ma al tempo stesso energica.

4. Ascoltando il vostro nuovo lavoro “Capovalle” ci si ritrova coinvolti in un vortice di melodie da cui è difficile uscirne. Innanzitutto: Come mai questo titolo? Come è nato questo lavoro? Quali sono le idee che sono alla base delle canzoni che lo compongono?
R. Allora: Capovalle è una piccola contrada di montagna nel paese di Roncobello, in provincia di Bergamo, mio paese natale (Tia, cantante e autore della band). A Capovalle, in solitudine e in mezzo alle montagne, ho vissuto da che sono tornato da Bologna; in questo periodo e a Capovalle ho scritto i dieci pezzi dell’album. Sempre a Capovalle abbiamo arrangiato i brani fermandoci interi weekend a suonare e buttar giù idee per ore e ore, anche in notte fonda. Per cui Capovalle ci sembrava il titolo più azzeccato per rappresentare questo album. Inoltre queste canzoni sono nate in un periodo di fermo della band e risentono molto del carattere intimo e personale di una composizione che risponde a una necessità di scrittura di indagine sul proprio io. Per cui oltre al mero aspetto geografico (le canzoni sono nate lì), Capovalle rappresenta metaforicamente luogo dell’anima da cui indagare sulla nostra persona che è un po’ il carattere dell’album.

5. Nella vostra carriera il rock è il fil rouge che unisce i vostri lavori discografici. Quanto dedicate alla cura del sound nei vostri pezzi?
R. Molto tempo; considera che, per questo lavoro, trovare il giusto suono che riuscisse a racchiudere alla perfezione l’intero lavoro ha richiesto molto tempo in fase di registrazione (abbiamo iniziato ad ottobre 2018 e abbiamo terminato ad aprile 2019, lavorando nei weekend). Per cui rispondendo alla tua domanda direi che dedichiamo molto tempo alla cura del sound. In Capovalle, la natura cantautorale dei brani ha richiesto un approccio diverso in fase di ricerca del suono rispetto a quanto fatto in Spiriti Bollenti e parzialmente fatto in Lontano. Dico parzialmente perché credo che già in Lontano un tentativo di virare verso questi suoni fosse in certi momenti in atto.

6. Quali sono i vostri progetti futuri?
R. Be, ora come ora, vista l’imminente uscita del disco (il 28 febbraio), direi suonare il più possibile per promuovere l’album. Poi in futuro si vedrà. Magari altri weekend a Capovalle per poter registrare qualcosa di nuovo (ride nda).

7. Se doveste consigliare tre band contemporanee, quali scegliereste?
R. Ti direi Muse, Le vibrazioni e Queen (ok, non sono proprio contemporanei però, dai, passameli).